Non siamo soli… altri dhow galleggiano vicino ai bordi della laguna a pochi metri dagli alberi di mangrovie. Ma nonostante questo non si può dire che sia un luogo affollato. C’è spazio per tutti! Casomai a lasciarci un po’ con l’amaro in bocca è il manto di nuvole bianche che impedisce al sole di illuminare l’acqua e apprezzarne la trasparenza e i colori che l’hanno resa famosa. Ogni tanto qualche raggio riesce a filtrare e lo scenario cambia totalmente.
Il livello dell’acqua si abbassa a poco a poco, così facciamo in fretta e furia un tuffo prima che venga l’ora della partenza. Usciamo dalla Laguna Blu e per un breve tratto costeggiamo l’isola. Che meraviglia!
5 minuti appena e all’orizzonte si delinea il contorno di un’isoletta. E’ quella che io e la Sara chiamiamo “l’isola che non c’è“. Nel programma era indicata come una delle più belle lingue di sabbia di Menay Bay. Non so come siano le altre, ma questa è davvero uno spettacolo! All’abbassarsi della marea la striscia si allunga sempre di più ed a intervalli regolari attraccano sulla neonata isoletta nuovi dhow. Ad ogni arrivo viene sistemata una tenda sostenuta da quattro pali e i ragazzi delle imbarcazioni cominciano a distribuire pezzetti di cocco, ananas ed anguria.
Il sole si è finalmente fatto spazio e ammiriamo lo scenario in cui siamo immersi in tutta la sua bellezza.
Non so che cosa facevano Brooke Shields e il suo compagno sull’isola deserta tutto il giorno da soli (una vaga idea ce l’ho, ma andiamo avanti) ad ogni modo su quella soffice lingua di sabbia che si ingrandisce a vista d’occhio le attività da fare non sono molte: alcuni si distendono a riva per prendere il sole, altri si cimentano nella circumnavigazione dell’isola. Noi, dopo 20 minuti di relax preferiamo risalire sul dhow ed allontanarci di qualche chilometro per andare a trovare una delle barriere coralline più belle dell’isola e fare snorkelling.
Rispetto a quello che mi aspettavo devo dire che di coralli da vedere ce ne sono. Gialli, viola e blu. E ci sono anche i pesci colorati che io adoro… non sono molti ma nel giro di mezzora riesco a vedere almeno una ventina di specie diverse.
Purtroppo è l’ora di tornare sull’isoletta per riprendere il telo da mare e virare il timone verso l’isola di Kwale.
Il pranzo preparato dai ragazzi della barca è buonissimo: riso bianco con sugo a base di cocco e poi gamberoni, polpo, pesce grigliato, mezza cicala e un’aragosta a testa! Gustiamo questo ben di Dio sotto una capanna che si trova a una cinquantina di metri dalla riva. Pasto con vista mare. E che mare!
Dopo pranzo in un paio di minuti a piedi andiamo a vedere un baobab gigante! Dal mare ne avevo visti alcuni ma questo li batte tutti. E la cosa incredibile è che si tratta di un albero che è caduto al suolo 500 anni fa… Caduto ma non morto. Sul tronco hanno continuato a crescere i rami che si sono sviluppati verso l’alto come fossero altri baobab. Il risultato è impressionante.
La natura, che meraviglia.
Il racconto della nostra giornata finisce qui…. dopo il baobab io e Sara facciamo una breve passeggiata sulla spiaggia prima di essere richiamati per far ritorno a casa. Sono appena le 15, il sole splende e lo scenario creato dalla marea è quasi surreale. Dobbiamo andare, purtroppo.
Una carovana di turisti si dirige ai loro dhow, lontani un centinaio di metri e più dal bagnasciuga.
Il capitano della barca srotola le vele e sospinti dal vento raggiungiamo il porticciolo da cui eravamo partiti al mattino. Imbarcazioni arenate, alghe e la solita carovana che si incammina verso riva. Il paesaggio è completamente cambiato ma anche così ha il suo fascino.
Anche questa è Zanzibar…
Bellissimo articolo e bellissime foto! "Pole Pole" è quello che dovremmo dire un pò tutti per goderci in pieno la vita!
Ciao Alessandro!
ciao Manuela! E grazie per essere passata da qui 🙂
Pole Pole e anche "Hakuna Matata", non c'è nessun problema! Prendere la vita con più leggerezza aiuta a viverla meglio