Natura e cultura, la nostra intensa giornata alla scoperta della provincia di Cremona non è ancora finita perché a metà pomeriggio arriviamo nella bellissima Crema. Come la sorella maggiore, Crema prende il nome dagli antichi Celti, che la colonizzarono in posizione dominante su un rilievo collinare. Dallo stesso toponimo, che significa proprio collina, derivano per esempio Carnia, Carinzia e Cremlino.
Il nucleo storico di Crema è racchiuso all'interno di una cinta muraria e condivide questo privilegio con altre due cittadine. Crema, Soncino e Pizzighettone sono le tre città murate e castellate del Cremonese. Non visiteremo Soncino e ciò da un lato mi spiace, dall'altro lato mi incuriosisce. Nella mia personale ricerca dei luoghi di culto e della spiritualità, che ebbero le sue prime manifestazioni nella religione ebraica, vengo a sapere infatti che Soncino e Sabbioneta, al posto di altre città più grandi, furono scelte come sede di una forte comunità ebraica dedita per secoli ai commerci. Questa, prima di disperdersi o spostarsi in città come Milano, vi ha lasciato interessanti sinagoghe che spero di visitare prestissimo.
Ma torniamo a Crema. Sono di parte in questo, Crema appartenne dal 1440 al 1797, quindi per oltre 300 anni, alla Repubblica di Venezia. Erano gli anni del massimo splendore e poi del declino della Serenissima, culminato con il disgraziato trattato di Campoformido del 1797 che diede campo libero ai Francesi. I Veneziani diedero a Crema l'attuale solida e intatta cinta muraria, in sostituzione delle mura medievali viscontee, e le conferirono il ruolo di caposaldo del potere, estremità occidentale di un dominio che più che per terra, a ovest, era esteso per mare, a est. I signorotti cremaschi ne approfittarono per abbellire la città con palazzi nobiliari, che oggi vediamo ancora vivi e curati, chiese ed edifici civili come il Teatro di San Domenico con i chiostri domenicani, di fronte al quale c'è la casa che probabilmente diede i natali all'Innominato di manzoniana memoria. Il centro storico è fatto anche di antiche piazze e vie strette, come via dei Grossinari e dei Calzolari, la Strinceta e Piazza della Frutta.
Alla piazza del Duomo si accede da quattro vie incrociate, che conducono alle porte di uscita dalla città e che anticamente erano le vie dei commerci, di merci e di meretricio, un lavoro riconosciuto dall'abito (una cappa gialla) che caratterizzava le prostitute e che era ben accetto dagli abitanti di Crema. Il Duomo fu costruito a partire dal 1200 ed è caratterizzato da una facciata asimmetrica. Purtroppo non ne visitiamo l'interno accontentandoci di passeggiare nella piazza. I segni della dominazione veneziana sono ben presenti a partire dal Palazzo del Comune (1521 – 1525), il Torrazzo, i portici e gli stemmi (in parte distrutti dai Francesi al loro arrivo) e soprattutto un leone alato che ai Francesi in qualche modo è sopravvissuto.
Infine quello che oggi è il Museo Civico, l'ex Convento di Sant'Agostino, diventa un percorso storico attraverso i secoli che descrive i tanti popoli passati nella bassa lombarda, con i loro lasciti tangibili o meno, a parte i Francesi che al loro arrivo lo adibirono subito a... caserma. Vi sono le piroghe preistoriche e le terrecotte, i quadri della scuola lombarda dal Trecento in poi, gli affreschi alle pareti (notevoli le opere di Giovanni Pietro da Cemmo nel refettorio, completamente affrescato) e i chiostri, oggi riportati a nuova vita nel corso di frequenti eventi. La musica occupa uno spazio di riguardo: se Cremona è la città del violino che continua a perpetrare l'arte della liuteria, Crema si è specializzata nell'arte organaria.
Il museo è uno spazio vivo e fruibile da tutti, anche se ai piani superiori vi si respira l'aria vecchia dei musei d'altri tempi, che personalmente mi è cara ma non so se possa essere gradita ai più.
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Testo e foto di Roberta Zennaro.
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