


Ma soprattutto è l’atmosfera che si respira che mi pare diversa, un atteggiamento rivolto verso il futuro. I cantieri sono dappertutto. Nuove costruzioni rivestite di vetro affiancano edifici vittoriani e georgiani. Londra è in perenne divenire.
Mi raccontavano dei ragazzi che sono stati a Londra prima del 2000 che alcune zone faticavano a riconoscerle.. certo, c’è sempre il Big Ben e il magnifico Tower Bridge che si staglia grigio e celeste contro il cielo (grigio e celeste) ma in pochi anni sono sorte nuove strutture e nuove attrazioni. C’è il London Eye (la ruota panoramica, a poca distanza da Westminster) ma anche il Millennium Bridge di cui parlavo sopra e i due musei d’arte contemporanea e moderna Tate sulle opposte sponde del Tamigi (Britain e Modern) collegati anche via acqua con una barchetta; ci sono lo Swiss Tower (chiamato “The Gherkin”, cioè il cetriolino e ribattezzato da un mia amica “Il suppostone”) e il Canary Wharf; tutte opere costruite in prossimità dell’avvento del nuovo millennio.
Londra guarda avanti e gli altri le corrono dietro… gli inglesi sembrano formiche impazzite quando entrano nella Metro: ho assistito a scene fantozziane nelle ore di punta, per non perdere la metropolitana… in alcuni passaggi da una linea ad un’altra ci sono dei tratti da percorrere a piedi, talvolta anche piuttosto lunghi; in uno di questi c’era da scendere di svariati piani su una scala che sembrava non finire mai… nel vorticoso susseguirsi di gradini vedevi la gente affrettarsi per passarti avanti, muta ma decisa; poi arrivati alla banchina quelle stesse persone si lasciavano sfuggire uno sguardo di stizza (e chissà, anche qualche imprecazione ma solo pensata! Siamo inglesi dopotutto!) solo perchè avevano perduto la metro per qualche secondo… alzi gli occhi al tabellone e vedi che il convoglio successivo arriverà tra ben 2 minuti!… ed è così su ogni linea nelle ore di maggior affluenza! Chissà come si comporterebbero se le attese fossero come da noi!
Poi le tante facce, tratti anglosassoni e latini, carnagioni chiare e scure, gli indiani, gli italiani, i cinesi, i magrebini, gli slavi… signori in giacca e cravatta che leggono “Metro” sulla Metro e punk del 2000 (credo si chiamino Emo) con gli Ipod nelle orecchie; vestiti casual, eleganti o con colori sgargianti (li definiscono kitch, io direi pacchiani!) e abbinamenti improbabili.
Insomma, come dicono quelli che non possono fare a meno di usare delle parole inglesi (adesso da noi va di moda, anzi, è trendy, il termine “stalking” e la politica ci regala il ministro del Welfare, mah! Alla fine basterebbe ci fossero i contenuti) un melting pot, un “purpurì”, un mescolio, una grande accozzaglia che a me ha dato la sensazione di essere un’entità unica che guarda al domani. Bello o brutto che sia.